Kepler – Il Capitale

Riprendo a scrivere sul blog abbandonato in marzo. Non sono recensioni, queste, lo ripeto. Sono appunti, schede, che accompagnano il mio girovagare teatrale e letterario.

Lo spettacolo di Kepler-452 (ha ormai un annetto), sta tutto nel titolo: Il capitale. Un libro che ancora non abbiamo letto (vedi il volume a cura di Lorenzo Donati nella collana Linea di Ert, pubblicata da Luca Sossella Editore).

Sappiamo poco – dicono gli autori in modo esplicito e implicito – di operai e di lotta di classe. Allora si immergono – raccontano – nella lotta della GKN di Campi Bisanzio. Lo spirito sembra all’inizio da boy scout, da volontari diligenti e abbastanza sprovveduti. Per dare sostanza alla ricerca portano in scena quattro “esemplari” di quel mondo a parte: quattro operai di quei duecento licenziati in blocco dalla proprietà con una mail. Essi raccontano la loro vita, i sogni abbandonati nella ripetizione del lavoro in fabbrica, poi il licenziamento, la lotta, il tempo a poco a poco liberato, che ha come corrispettivo i debiti, la fuga di molti a cercare un altro lavoro o la disoccupazione. C’è un’intervista, e si nota che l’operaio guadagna più della giornalista, pagata a pezzo, a cottimo.

Sfila il racconto di assemblee, di prove di cortei con tamburi fatti con grandi latte, di notti militanti in cui gli autori si immergono – come passionarie dell’Esercito della salvezza, nuove Giovanne dei Macelli – nell’occupazione e nella questione operaia.

Ma ogni ingenuità è solo apparente, come in altri lavori di Borghesi e Baraldi, sempre giocati sulla soglia tra verità, rappresentazione, riflessione, che prima ci mettono in allerta con quelle che sembrano semplificazioni manichee e poi danno l’artigliata di spessore. Il tempo con l’occupazione si è liberato rivelando l’orrore della ripetizione del lavoro in fabbrica, dell’alienazione che comporta. Ma con l’occupazione (e con questa liberazione) non si lavora, non si guadagna, non si vive. Siamo al meglio del vero teatro: il conflitto tra due opzioni compresenti, tra le quali è impossibile decidere. Col sospetto che sempre, anche il tempo libero e liberato, stia nelle mani di’ quel capitale che non siamo stati capaci di leggere: Non quello con la C maiuscola di Marx: quello che pervade le nostre vite di ogni giorno.

(foto di Luca Del Pia)

condividi

post correlati