L’aria brillante fuori del teatro riverbera nella sala. È, finalmente, una domenica di sole di fine inverno, già gravida di fioriture di primavera. La città sorride dopo giorni di piogge torrenziali. Entrare all’Arena del Sole (il Sole, già) è come andare a una festa: bambini, ragazzi, persone con i capelli ingrigiti ma con ciuffi spavaldi, riccioli e piercing. Va in scena una favola antica, rivista da una grande maestra di teatro. Il mostro di Belinda – metamorfosi di un racconto porta la firma di Chiara Guidi, fondatrice della Socìetas Raffaello Sanzio, ora semplicemente Socìetas, l’anima di quella esperienza straordinaria che è stato il teatro infantile della compagnia di Cesena, un altro modo di raccontare ai bambini, coinvolgendoli nel profondo, nella meraviglia, nella paura che fa crescere, nella dolcezza e nello stupore di chi ancora non ha una sintassi per dire il mondo, eppure quel mondo lo sente, intensamente.
Voci di bambini (soprattutto bambine) ci trascinano in un altro mondo, di incantagione, quando ancora il sipario è chiuso. Poi, tra due ali di verzura, di foglie, in una scena oscura, una narratrice introduce la favola. Il padre di tre sorelle parte in viaggio; ognuna delle figlie chiede qualcosa. Belinda, la più piccola, non vorrebbe nulla e alla fine dice di accontentarsi di una rosa. Il padre la vedrà, la rosa d’inverno, in un giardino: ma il fragile fiore rivelerà una rossa bocca di rosa-drago, che potrebbe ingoiarlo, se lui non portasse la cosa più cara alla Bestia, al Mostro che governa quel posto. E la “cosa” più cara è la figlia, Belinda, che, tra bagliori pulsanti di lucciole, accetta di mettersi al servizio del Mostro, una faccia deforme, che richiama il teschio di un morto, con un ranocchio servitore. Ma una voce, di amore, rivela l’esistenza, in qualcuno di quei simulacri, di un principe. Il ranocchio si spaccia per essere il nobile incantato.

Passa il tempo e Belinda, rosa dalla nostalgia, chiede di tornare a rivedere il padre. Ma la Bestia si sente male; sfinita, esangue, si consuma. Le voci di amore, quelle che abbiamo già ascoltato dall’inizio, mettono in allerta Belinda mentre è in viaggio, con una lanterna lungo la platea. Voci, voci maschere, voci personaggi, la magia profonda della favola, come sentirla narrare da una nonna che si moltiplica nei vari personaggi.
Belinda, divisa, decide di tornare. Lo abbraccia, il Mostro, lo bacia… e quello rinasce, diventa il principe, mentre al ranocchio non resta che darsi a un comico, divertito balletto.
Umorismo, incantagione sciolta nell’incantesimo dell’amore, grane di voci che contribuiscono a rendere palpabile il mistero sono gli ingredienti di uno spettacolo che arriva diretto, che crea una favola anche sonora e visiva, trasportando in un altro tempo, in un altro mondo. Rivelando che la realtà è duale, che il brutto può essere bello e il bello brutto, come vaticinavano le streghe di Macbeth (di Chiara Guidi ricordiamo un’edizione memorabile della tragedia di Shakespeare, interiorizzata, guidata, anche in quel caso, da una pista vocale e sonora che si incideva dentro, se non ricordiamo male guidata principalmente dai suoni densi del violoncello).

L’artista cesenate con delicatezza rende il giorno di sole più bello, di festa grande, con la semplicità delle battute, come negli spettacoli del teatro infantile, con mezzi più sontuosi, che creano una magia ancora più risonante. Con la collaborazione alla drammaturgia di Vito Matera, l’interpretazione di Maria Bacci Pasello, Eugeniu Cornițel, Alessandro De Giovanni, le voci di Demetrio Castellucci, Chiara Guidi, Anna Laura Penna, Giulia Torelli, la voce di Lavinia Bertotti e quelle degli infanti Bice e Maddalena Bosso, Eva, Lia e Nora Castellucci, Enrico, Iris e Michele Guerri, Amedeo Matera, Daphne Sophia e Ophelia June Nguyen, Gabriel Rotari, Agata e Federico Scardovi, Mia Valmori. Scene, luci, costumi di Vito Matera, composizione sonora di Scott Gibbons, produzione Piccolo Teatro di Milano, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani – Onlus, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale.
Lunedì 17 marzo alle 17 nel foyer dell’Arena del Sole Chiara Guidi presenta un magnifico libro composto da tre sue lezioni, Il potere analogico della bellezza, Il potere analfabetico della fantasia, Il potere anacronistico dell’anima (Sete edizioni di Faenza, pp. 80, 20 euro) (leggi qui la recensione).
Fotografie di Eva Castellucci.
