Riprendo a scrivere dopo lunga pausa su questo blog. Continuerò? Chissà. Aggiornerò? Forse.
Il mondo si è moltiplicato. Nell’età della fisica quantistica Dio non ci guarda più dall’alto dei cieli, con la sua corte di angeli e arcangeli, per intervenire, in qualche caso, ad aiutarci o a distoglierci. L’unico rimasto in campo, nel mondo dilatato all’infinito, senza più centro, è lui, il grande nemico, il Diavolo, che magari possiamo travestire, laicamente, sotto la maschera del Dubbio.
Tra isotopi, fotoni, particelle che si influenzano e osservazione delle particelle che ne influenzano i movimenti però può ancora svilupparsi una storia d’amore impossibile, frutto del caso, o di più arcani legami tra le cose, tra le persone.
L’autore di questa storia (è Oscar de Summa, che da anni va raccontando, da solo in scena, una epopea della sua piccola provincia, dispersa nel Sud del Paese) dà inizio allo spettacolo, Rette parallele sono l’amore e la morte, mettendosi in scena. Vuole scrivere una cosa nuova, una tragedia, qualcosa di impegnato… Una storia semplice, efficace, magari impegnata. E invece gli precipitano addosso varie complicazioni che spezzano la linearità e fanno di questo spettacolo solista una polifonia, di idee, di toni, di suoni, di voci in musiche, di personaggi, di colori. La fisica quantistica marca la cornice, l’indeterminazione, l’influenza che dura dopo il contatto, gli sviluppi di mondi paralleli sognati da Einstein a cavallo di un raggio di luce, che aprono un buco da cui guardare nelle stanze di quel Dio messo in discussione da questo universo polivoco.
Ogni mattina l’autore si sveglia per scrivere e da lontano, dal suo paese, dal tempo dell’adolescenza, gli arriva il ricordo di una ragazza che abitava vicino a lui, distante, tutta impegnata a suonare il pianoforte, a studiare, che incedeva altera, senza dare confidenza, diversa dal di ragazzi che prendevano la vita come veniva.
Nei giorni, quando si mette a lavorare, quel ricordo si impone, si articola, diventa una storia, quella di Mariarosaria e Peppino, diversi che di più non si può: grezzo lui, raffinata lei, incapace di articolare un discorso e forse anche di parlare decentemente lui, tutto moto, bar e sballo, tutta serietà lei.
Poi stranamente i due si scontrano, mentre lui esce da un negozio con un disco di David Bowie sotto il braccio. E scocca qualcosa. Di impossibile. Di impensabile.
E qui la storia, comica sempre, di un comico che dettaglia tanto a fondo i personaggi di una provincia diffusa da diventare spesso amara, si avvia verso un finale romantico prima e triste poi. Forse non è il caso di raccontare di più: solo che l’improbabile contatto cambia i due, e cambia le loro vite. Anche perché a questa rottura dell’ordine, del destino segnato, del corso giudizioso delle cose, si opporrà la madre di lei, ma anche una presa di coscienza di lui, verso un finale che sfiora il tragico e una ripresa dei ragionamenti su come i mondi si influenzino: quando sta scrivendo la storia da due giorni, l’autore, chiamiamolo pure Oscar, viene a sapere che Mariarosa è morta da due giorni, dopo aver per sempre abbandonato la vecchia vita.

È uno spettacolo polifonico, dicevo, dove l’attore, solo in scena, introduce con maestria ogni tipo di risorsa, con continui salti stilistici. Non solo per non annoiare il pubblico: soprattutto per trascinarlo nella complessità dei casi, in un trionfo del sentimento ma anche del realismo e del disincanto. Spettacolo in cui si ride molto, con un retrogusto acido; spettacolo dove la voce entra sulle musiche, sui rumori, e dove musiche (di Bowie, di Chopin) e rumori (il rombo dell’Enduro) entrano nella drammaturgia, intrecciandosi con parole e sentimenti; dove le voci si moltiplicano, come i punti di vista e di influenza; e le luci gialle sono insidiate dal rosso del Diavolo (o più laicamente del Dubbio), sparato verso l’alto di quel “trono di Dio” assente. Metafisica, in fine? No, opera umana, delicatamente umana. Entusiasmante. Da vedere.
In scena al teatro delle Moline fino all’1 dicembre: https://bologna.emiliaromagnateatro.com/spettacolo/rette-parallele-sono-lamore-e-la-morte/
Rette parallele sono l’amore e la morte, di e con Oscar De Summa ,progetto luci e scene: Matteo Gozzi; progetto sonoro: Oscar De Summa. Produzione Atto Due ETS, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, con il contributo di GialloMare Minimal Teatro, Fondazione Armunia, Pimoff Milano, ATER Fondazione.